UOMO COME PRODUTTORE DI CULTURA
La definizione tyloriana definisce che l'uomo si distingue dagli altri esseri viventi in quanto produttore di cultura o civiltà. Gli animali praticano elementari strategie di sopravvivenza, ma ciò non basta a farne degli esseri culturali.
Negli animali la convivenza non genera cultura in senso antropologico, infatti agli animali manca l'uso di strumenti simbolici come il linguaggio attraverso i quali ogni individuo può dare un personale contributo alla diffusione e al progresso delle conoscenze e delle tecniche.
Tylor intrude il concetto di interculturazione, termine che indica la trasmissione, consapevole o inconsapevole, di conoscenze e di abitudini da una generazione a quella successiva. E' grazie all'interulturazione che l'uomo diventa a tutti gli effetti membro della società.
La cultura non è un patrimonio immutabile, ma è soggetta a continui cambiamenti, che possono essere di origine "interna", come scoperte o invenzioni o "esterne", nel caso siano frutto di un contatto con gruppi umani portatori di tradizioni differenti.
Per definire il mutamento culturale derivante dall'incontro di culture diverse di pensiero gli antropologi usano il termine acculturazione. Gli agenti dei cambiamenti culturali sono gli uomini e per interagire la definizione di Tylor è opportuno sottolineare il ruolo dell'uomo quale insostituibile autore di innovazioni e artefice del dinamismo della cultura.
UN'ESPRESSIONE AMBIGUA: LE CULTURE PRIMITIVE
Il ragionamento di Tylor era che se tutte le società, comprese quelle "primitive", possiedono una loro cultura, allora non esistono popoli "selvaggi" e privi di civiltà, dato che nessun uomo vive in condizioni completamente "naturale", cioè in una condizione simile a quella degli altri animali, in cui si limita a soddisfare i bisogni fondamentali per la sopravvivenza.
Gli antropologi si sono accorti che le società "primitive" hanno sistemi di pensiero tutt'altro che primitivi, organizzazioni sociali niente affatto semplici.
Lo studio dei miti e delle lingue si è rivelato particolarmente adatto a mettere in rilievo l'inconsistenza del concetto di "cultura primitiva".
L'antropologo Lévi-Strauss ha messo in luce la complessità e la raffinatezza di questi racconti tramandati oralmente. Secondo Strauss dietro l'apparente caos dei miti esiste una logica sorprendente. La sua analisi rivela che nei miti elaborati da culture diverse e lontane esistono somiglianze nella costruzione narrativa, la quale obbedisce a delle "regole nascoste".
Strauss riconosce l'opera delle strutture universali della mente umana, attive anche nel pensiero "selvaggio".
Complessità e raffinatezza sono presenti nelle lingue rive di scrittura, che sono la maggior parte delle oltre 5000 lingue parlate nel mondo.
La distinzione tra società "semplici" e società "complesse" risulta inadeguata di fronte ai dati dell'antropologia, hanno rivelato la complessità culturale di molti popoli interni.
I popoli che vivono di caccia e raccolta, come i Boscimani !Kung del deserto di Kahlari, gli Hadza della Tanzania settentrionale, …, sarebbero spontaneamente passati a nuove strategie di sopravvivenza, come l'agricoltura o la pastorizia.
I contatti con le altre civiltà hanno avviato processi di trasformazione, purtroppo spesso non indolori.
IL CONCETTO DI CULTURA NELLA SOCIETA' GLOBALE
Il tradizionale concetto antropologico di cultura come l'insieme dei modi di vita di un popolo, era alimentato dalle ricerche antropologiche del primo Novecento, condotto per lo più presso società extraeuropee prive di scrittura e di piccole dimensioni.
Nella seconda metà del Novecento l'antropologia si è trovata a fare i conti con con un mondo profondamente cambiato. Essa ha dovuto accettare la radicale trasformazione e in alcuni casi la scomparsa, ossia delle culture indigene tribù, che sono state investite dalla modernizzate.
E' sempre più difficile osservare culture "allo stato puro", cioè non interessate dai processi di globalizzazione economica e culturale che stanno coinvolgendo l'intero pianeta.
La politica dell'integrazione sociale promossa dai governi centrali prescrive agli indigeni di andare a votare, di mandare i bambini a scuola, tenersi informati su quello che succede oltre i confini del villaggio. I moderni mezzi di comunicazione di massa hanno raggiunto le località più sperdute.
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